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“SOCIAL MEDIA E SCHERMI CAMBIANO IL CERVELLO?“
IL COMUNICATO DIFFUSO DALL'OSSERVATORIO TUTTIMEDIA

Si è tenuto in Fieg l'Atelier di Intelligenza Connettiva sul tema "Social media e schermi cambiano il cervello?", organizzato dall'Osservatorio TutiMedia. Pubblichiamo il comunicato stampa diffuso dall'Osservatorio sull'iniziativa.


Roma, 4 luglio 2019 – Per avviare un primo dibattito organico sul tema dei social media e della rapida trasformazione digitale dell’ecosistema dei media, l’Osservatorio TuttiMedia ha riunito a Roma, nella sede della FIEG, educatori esperti di comportamento e neuroscienziati, accanto ad esponenti del mondo dell’informazione e della comunicazione, in vista di un prossimo appuntamento internazionale previsto ad ottobre, nell'Atelier di Intelligenza Connettiva "SOCIAL MEDIA E SCHERMI CAMBIANO IL CERVELLO?".

“L’obiettivo” – ha detto Maria Pia Rossignaud (TuttiMedia/MediaDuemila) – “è proporre concrete azioni di policy che pongano l’essere umano al centro, al fine dare impulso a una scienza dei comportamenti sociali e a una conoscenza della rete che ci porti a ragionare (e agire) su viral comunication, no-critical interaction, hate speech, troll e fake news”. Con questi incontri, l’Osservatorio TuttiMedia si propone quale centro di riflessione sulla scienza dei social media alla luce del prossimo programma di ricerca e innovazione Horizon Europe in modo da poter incidere sui campi di studio da finanziare.
 
“Proporre policy e suggerimenti basati su analisi concrete”, ha sottolineato il prof. Derrick de Kerckhove (Polimi/TuttiMedia), “è il primo passo fondamentale per provare almeno a limitare gli effetti negativi del contesto in cui le tecnologie predominano. Proviamo a capire se possiamo incidere sugli effetti negativi che l’uso intensivo della rete provoca nei giovani, ma non indirizziamoci esclusivamente a loro”. Infatti, negli ultimi anni, alcuni dei comportamenti generati dalla rivoluzione digitale sembrano essersi affermati fino a diventare strutturali. E de Kerckhove, tra le altre cose, si chiede: “Lo schermo dona l’illusione dell’invisibilità e induce a comportamenti estremi?”.
 
Come ha dichiarato Fabrizio Carotti (FIEG): “Capacità di attenzione, processi di memoria, cognizione sociale, aumento del DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare): sono solo alcuni dei campi di attività del nostro cervello e dei comportamenti che è stato ad ora scientificamente dimostrato possono essere modificati, proprio a livello di sostanza grigia corticale nelle regioni coinvolte, dall’uso prolungato di Internet e dal tempo passato sui social media”.
 
“Infatti” – ha confermato Francesco Gallucci (Esperto di neuromarketing) – “bisognerebbe soffermarsi sui “frame cognitivi” che condizionano il nostro modo di pensare e comprendere la realtà. Grazie ai “frame” le persone “incorniciano” una situazione riconducendola ad una libreria di schemi interpretativi che ognuno ha. Tale libreria è un cantiere aperto ed è il risultato, come dice Goffman, della cultura, della posizione sociale, del percorso educativo e delle esperienze passate delle persone. L’impatto dei frame nella vita sociale è grande: influenzano notevolmente l’agenda politica e le istituzioni chiamate a metterla in pratica. Pertanto, modificare i frame cognitivi significa cambiare l’una e le altre a livello profondo”.
 
D’altronde questi cambiamenti passano attraverso una modifica del funzionamento dei nostri cervelli. Come ha ricordato Roberto Saracco (EIT Digital), “Il cervello si è evoluto attraverso processi di selezione in modo da consentire la risposta più efficace all’ambiente. All’aumentare della complessità i cervelli riescono anche ad immaginare, a proiettarsi cioè in una dimensione ipotetica (che potremmo definire “virtuale”) e ad esaminare il possibile risultato di azioni. Questo apprendimento si traduce in conoscenza, in parte esplicita (trasmissibile con il linguaggio) e in parte implicita (non trasmissibile con il linguaggio). La seconda dovrà passare per l’esperienza del singolo e l’apprendimento in proprio, attraverso tentativi ed errori. Cosa dire della facilità con cui un ragazzino usa uno smartphone e naviga su internet rispetto alla nostra difficoltà nel fare le stesse cose? Nulla di diverso dai casi precedenti, i ragazzini di oggi sono cresciuti in un contesto digitale in cui la norma è l’interazione con lo smartphone e il loro cervello si è configurato, adattato, a quel contesto acquisendo conoscenze implicite. Credo quindi che la risposta alla domanda che dà il titolo all’incontro sia un forte e convinto “Sì, social networks e schermi cambiano il cervello”.
 
Vittorio Meloni (UPA) ha riportato il discorso in un contesto storico più ampio: “affermare che la rivoluzione digitale sia il male assoluto significa non considerare l’evoluzione umana in chiave diacronica. Anche in seguito all’invenzione della stampa a caratteri mobili le mutazioni furono enormi, ma abbiamo noi gli strumenti per stabilire come il cervello degli individui cambiò nel Medioevo? No, e ciononostante possiamo dire con certezza che l’invenzione di Gutenberg costituisce uno spartiacque; con internet il processo è analogo, si tratta, invece di demonizzare, di analizzare le nuove modalità cognitive e comportamentali che l’utilizzo della rete sta generando”.
 
Tra i presenti, anche Laura Bononcini (Facebook), a dimostrare l’eterogeneità del tavolo di discussione, che ha voluto ribadire come anche i dirigenti delle grandi aziende on-line, Facebook in primis, inizino a porsi il problema della regolamentazione. “In materia di advertising politico, ad esempio, abbiamo iniziato a sollecitare il legislatore affinché ci dia delle norme chiare di comportamento”. Del resto, “non si possono considerare solo gli aspetti preoccupanti, la rete e i social network sono un grande strumento di apertura di spazi di democrazia”.
 
“Ma non possiamo non riconoscere” – ha detto tuttavia Raffaele Lorusso (FNSI), “che in alcuni casi i social network hanno contribuito alla diffusione di concetti fuorvianti, se non apertamente sbagliati: l’idea che non servano più competenze, non serva l’istruzione, che tutti siamo uguali in tutto e che l’informazione professionale sia un retaggio del passato non è certo positiva. Non bisogna confondere l’idea di libertà che la rete può trasmettere con i reali spazi liberi, sempre minori, che questa offre; spesso sono gli algoritmi a indirizzarci nelle nostre scelte on-line e questa non è certo democrazia assoluta”.
 
Ancora una volta, al centro del dibattito, c’è l’algoritmo. Come questo influenzi i processi di apprendimento e di crescita è stato il punto focale dell’intervento di Marina Geymonat (TIM): “bisogna considerare che gli algoritmi funzionano secondo una “success strategy” che li obbliga ad agire in un certo modo, al di là del risvolto economico che ogni azienda cerca. Quando lo stimolo raccoglie la nostra attenzione allora l’algoritmo è adeguato e non farà altro che migliorarsi in tal senso. Così si creano le echo-chambers e tutti quei processi (in primis filter bubbles) che ci danno l’impressione, spesso errata, che qualsiasi argomento sia importante on-line, anche se magari sono solo in pochi a interessarsene nel mondo”.
 
La ricca giornata – che ha visto molti altri interventi – si inserisce in un dibattito che ormai è percepito da tutti gli attori della società come fondamentale. Persino la prestigiosa rivista “Scientific America” ha dedicato di recente una pubblicazione, “Il tuo cervello nell’era dello Smartphone”, a tale tematica. Ancora una volta si insiste sulla malleabilità del cervello dei bambini e degli adolescenti, sul modo in cui le relazioni faccia a faccia lo influenzino rispetto a quelle on-line, sul loro sviluppo emozionale. Uno studio dell’Università di Stratford di quest’anno ha dimostrato che i giovani esposti troppo a lungo agli schermi perdono capacità di concentrazione.
 
Tuttavia, la ricerca ha bisogno di tempi lunghi e siamo appena all’inizio. Per questo, come Osservatorio TuttiMedia, intendiamo promuovere il dibattito per dare il nostro contributo attivo a uno dei temi chiave della contemporaneità.
 
 

 



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Comunicato stampa social media e schermi cambiano il cervello 4 luglio FIEg Roma.docx
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