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PRESENTATI ALLA STAMPA GLI STUDI FIEG.
Sintesi dei contenuti degli studi sulla stampa in Italia presentati oggi nella sede di Roma della Fieg.

SINTESI DEGLI STUDI FIEG E DELOITTE & TOUCHE SULLA STAMPA IN ITALIA E SUI BILANCI DELLE AZIENDE EDITRICI DI QUOTIDIANI 26 gennaio 2000
Lo studio sulla stampa in Italia, elaborato dall'Ufficio studi della Fieg, con le relative tavole statistiche, nonché la indagine sui bilanci delle aziende editrici di quotidiani, curato dalla società Deloitte & Touche su incarico della stessa Fieg, con le relative tabelle, si propongono un obiettivo comune: quello di offrire un quadro dell'evoluzione dell'editoria giornalistica in Italia attendibile in quanto basato su dati oggettivi. L'arco temporale considerato è quello che va dal 1996 al 1998. Ma oltre ai dati di consuntivo nello studio sulla stampa in Italia sono contenute anticipazioni sull'andamento del settore nel 1999 che rendono più attuali le elaborazioni condotte dall'ufficio studi della Fieg. Il primo elemento che merita di essere sottolineato è che negli ultimi anni si è assistito ad un notevole miglioramento della gestione delle aziende editrici di quotidiani considerate nel loro insieme. L'utile di esercizio delle 66 imprese considerate, editrici di 78 testate quotidiane, è passato dai 45 miliardi del 1996, ai 121 miliardi del 1997 per più che raddoppiarsi nel 1998 (261 miliardi di lire). E' un'indicazione positiva che, innanzitutto, testimonia del duro sforzo di riorganizzazione operato dal settore per ricondurre ad equilibrio i propri conti. Il significato del dato non si esaurisce nella sfera economica, ma ha una valenza molto più ampia, essendo l'equilibrio finanziario per imprese la cui attività investe libertà e diritti di grande spessore costituzionale, la condizione necessaria per una gestione dell'informazione che non si trovi costretta a pagare pedaggi esterni. Il dato, tuttavia, è di quelli che impongono ulteriori spiegazioni per evitare conclusioni affrettate. Il settore nel suo complesso produce utili, ma non in tutte le sue componenti. Al suo interno, infatti, sono tuttora presenti e, purtroppo, diffuse situazioni ai limiti della marginalità economica, con crisi ricorrenti che mettono in forse la stessa sopravvivenza di non poche testate. Basti pensare che è sufficiente eliminare dai conti aggregati gli utili di tre imprese editrici, perché il settore venga a trovarsi in una situazione di sostanziale pareggio. Per le aziende editrici permangono inoltre difficoltà di ordine congiunturale legate alla debolezza della domanda interna e ad una dinamica delle vendite sostanzialmente stagnante. Per quanto riguarda i quotidiani, nel 1998 le vendite medie giornaliere sono state pari a 5,889 milioni di copie, con un incremento estremamente contenuto (+0,1%) rispetto al 1997.Dalle prime anticipazioni relative al 1999 sembrano emergere segnali di ripresa con una accelerazione dell'1% circa che dovrebbe portare i livelli di vendita molto prossimi al traguardo di sei milioni di copie. E' anche questo un dato positivo che potrà essere ulteriormente migliorato con la piena operatività della legge n. 108/1999 sull'ampliamento, a titolo sperimentale, della rete di vendita. L'impatto del processo di liberalizzazione dell'assetto distributivo sarà visibile nel corso della prima parte del 2000, quando la sperimentazione opererà a pieno regime. Luci e ombre hanno caratterizzato l'andamento della stampa periodica nel 1998: è proseguita la tendenza al ripiegamento dei settimanali (-2,5%), mentre si è rafforzato il processo di crescita dei mensili (+2,7%), già in atto nel corso del 1997 (+2,7%).Sia nell'una che nell'altra categoria di pubblicazioni, le prospettive più favorevoli sembrano aprirsi per gli editori che operano in nicchie di mercato più circoscritte con prodotti tematici specializzati. Anche in questo comparto, l'attivazione dei canali distributivi alternativi previsti dalla legge n. 109/1999 dovrebbe portare benefici sul piano dei volumi di vendita. La perdurante debolezza del mercato della diffusione resta dunque uno dei problemi di fondo con i quali devono confrontarsi gli editori sia di quotidiani che di periodici. Nel 1998, i ricavi editoriali complessivi dei quotidiani sono aumentati del 7,6%. Il risultato, però, è stato ottenuto soltanto grazie alla considerevole espansione dei ricavi pubblicitari (+11,8%) che ha più che compensato il declino dei ricavi da vendita delle copie (-6,5%). Per la prima volta le entrate pubblicitarie hanno sopravanzato quelle derivanti dalla vendita delle copie nella struttura dei ricavi editoriali, arrivando a rappresentarne il 50,5%. All'andamento dei ricavi ha corrisposto un aumento dei costi operativi del 4,7% con un margine operativo lordo che, nel 1998, è nettamente migliorato rispetto all'anno precedente (da 274 a 400 miliardi). L'indice che esprime il rapporto tra Mol e fatturato è salito dal 5 al 7,6%. Un risultato positivo che però resta ancora al di sotto dei valori medi elaborati da Mediobanca (12,2 per la media delle società industriali, 30,6% per la media di quelle operanti nel terziario, 15,1% per la media delle società censite).Dal confronto con altre realtà di impresa emerge come nei processi produttivi dell'editoria quotidiana siano presenti diseconomie di fondo, interne ed esterne, che incidono pesantemente sulla gestione operativa. A tal proposito, va sottolineato come i costi, pur rimanendo al di sotto del tasso di crescita dei ricavi, abbiano fatto registrare nel 1998 una notevole accelerazione (+4,7% rispetto al +1,9% del 1997). Tra le voci che più hanno contribuito all'innalzamento dei costi vi sono quelle per l'approvvigionamento di materie prime pressoché integralmente costituite dalla carta. L'aumento è stato del 6,9% nonostante i quantitativi acquistati siano diminuiti. Molto sostenuta è stata inoltre l'espansione dei costi per servizi (+8,7%) al cui interno confluiscono voci di costo come le spese per lavorazioni presso terzi, le collaborazioni giornalistiche, i servizi di agenzia. Tutte voci, ad elevato valore aggiunto, che concorrono alla determinazione del costo complessivo del lavoro. Il costo del lavoro dipendente è aumentato infatti dell'1,7%, un tasso inferiore alle altre voci di costo e in ulteriore decelerazione rispetto al 1997. E' un dato che potrebbe indurre a conclusioni parziali e incomplete se l'analisi non fosse integrata considerando alcuni fenomeni rappresentati dalla riduzione della popolazione poligrafica, dall'avvicendamento generazionale nella struttura dell'occupazione con conseguente abbassamento del livello delle retribuzioni, del crescente ricorso all'outsourcing confermato dalla crescente incidenza delle spese per servizi esterni. In realtà, se il costo del lavoro viene rapportato al numero dei dipendenti, le indicazioni che si ricavano sono molto diverse. Nel 1998, infatti, il costo per addetto è cresciuto del 6,7% ed ha raggiunto la punta più elevata (+10,4%) nelle imprese editrici di testate con tirature oltre le 200mila copie. Anche l'accelerazione del costo per unità di prodotto è stata nettamente più sostenuta (+9,8%) del costo del lavoro dipendente. Si tratta di dati che confermano come all'interno dei quotidiani la dinamica dei costi sia ancora troppo elevata con effetti aggravati dalla difficoltà di trasferire sui prezzi gli aumenti a causa della stagnazione dei livelli di vendita. La forte crescita della pubblicità è riuscita negli ultimi anni a compensare i minori ricavi da vendita. Qualora l'andamento pubblicitario fosse stato in linea con quello del fatturato da vendita, i ricavi complessivi a copia non sarebbero stati sufficienti a coprire il costo operativo a copia. I dati concernenti la struttura del consumo dei giornali delineano una situazione di mercato dalle dimensioni limitate soprattutto se messa a confronto con quella di altri paesi. Nella classifica mondiale, l'Italia con 102 copie vendute ogni mille abitanti occupa le ultime posizioni, superando n Europa soltanto Portogallo e Grecia. Dai primi la distanza è abissale: in Norvegia e in Giappone si vendono 588 e 577 copie ogni mille abitanti. Ma la distanza è ragguardevole anche nei confronti dei paesi in posizione intermedia: 317 sono le copie vendute ogni mille abitanti in Gran Bretagna, 303 in Germania, 300 in Danimarca, 290 in Olanda, 158 in Belgio, 145 in Francia. C'è da osservare che il livello delle vendite è il risultato di una media nazionale che sconta situazioni territoriali diversificate. Se si opera la disaggregazione del dato medio nazionale in rapporto alle aree geografiche emerge ancora una volta il dualismo esistente tra regioni del centro-nord e quelle meridionali. Al nord e al centro, nel 1998, sono state vendute rispettivamente 132 e 122 copie ogni mille abitanti, al sud 55. Quello del mezzogiorno è dunque un mercato che non sembra progredire in misura significativa anche perché, se si eccettuano quelle tradizionali e più consolidate, le iniziative editoriali locali stentano a decollare. E' il Trentino-Alto Adige la regione dove si vendono più copie (183 copie ogni mille abitanti).Da un biennio ha sopravanzato la Liguria (181 copie) che da decenni occupava la posizione di testa. A parte la Sardegna che con 124 copie ogni mille abitanti si situa su livelli largamente superiori alla media nazionale, le ultime posizioni della classifica sono occupate dalle regioni meridionali e la Basilicata ne è il fanalino di coda (39 copie). L'arretratezza dei consumi di carta stampata è un riflesso speculare dell'arretratezza economica che continua ad attanagliare il sud. E' un problema grave che richiederebbe un'azione politica incisiva rivolta a rimuovere le cause all'origine di una condizione mortificante. Particolare attenzione andrebbe rivolta alla scuola, inserendo la lettura dei giornali in un contesto didattico stabile e tale da coinvolgere in linea di continuità i vari livelli di scolarità. Come ha sottolineato il Presidente della Fieg Mario Ciancio Sanfilippo nella presentazione dello studio della Deloitte & Touche, "elementi problematici e di trasformazione segnano……la fase che attraversa il settore dell'editoria. Elementi che non derivano soltanto da processi interni al settore, ma anche da fattori esterni di grande rilievo, quali la rapida evoluzione delle tecnologie di comunicazione e, in particolare, dall'esplosione di Internet che costringe l'editoria giornalistica a confrontarsi con il nuovo modo di comunicare. Confronto che potrà risolversi in nuove occasioni di crescita se le imprese editrici potranno utilizzare il nuovo mezzo senza tutti i vincoli e le pastoie che sono presenti nei mezzi tradizionali". La struttura della domanda si va articolando in una molteplicità di nicchie caratterizzate da specifici bisogni conoscitivi. E' la tendenza della domanda versa la "media divergence" in naturale contrasto con il processo di convergenza che riguarda le tecnologie e il loro impiego nei processi di produzione. La capacità di stare sul mercato dipenderà dalla capacità di rispondere a tali bisogni con un'offerta articolata su un più ampio ventaglio di servizi. ___________________________ Per il testo integrale dei due studi vedi: Studi Fieg


  
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