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INTERCETTAZIONI: ANCHE GLI EDITORI CONTRARI AL DDL NELLA SUA FORMULAZIONE ATTUALE

Roma, 3 luglio 2008 – Di fronte al paventato decreto sulle intercettazioni, e più in generale, sul disegno di legge approvato giorni fa dal Governo, il Direttore Generale della Fieg, Alessandro Brignone, intervenuto ieri all’incontro organizzato dalla Fnsi dal titolo “Etica e diritto di cronaca. No alle censure!”, ha svolto un breve intervento articolato su quattro punti:

1. Il Disegno di legge sembra configurare il divieto di pubblicare non più solo gli “atti” (intesi in senso stretto) di indagine preliminare relativi a procedimenti penali in corso, ma anche qualsiasi notizia - pur parziale, per riassunto o nel contenuto - ad essi relativa, sino alla conclusione delle indagini preliminari o fino al termine dell'udienza preliminare. Un effetto, questo, che andrebbe ben al di là del proposito del Governo di limitare l'uso delle intercettazioni e la loro pubblicazione impropria, e che costituirebbe una manifesta e grave violazione del principio costituzionale della libertà d'informazione.

2. In tema di intercettazioni, mentre è condivisibile in astratto l’idea di prevedere nell’ordinamento giuridico norme che sanzionino gli abusi e che non espongano i privati a indebite violazione della privacy, laddove questa realmente sia apprezzabile secondo le norme in vigore, pare troppo ristretta l’area dei reati per i quali esse sono possibili.

3. Il regime sanzionatorio, per quanto riguarda gli editori, prevede conseguenze che possono giungere, in base alle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente, fino a 465 mila euro. Una somma in grado di mettere in ginocchio imprese anche di grandi dimensioni. Le aziende editoriali, dunque, dovranno premunirsi contro eventuali pubblicazioni di materiale vietato con appositi modelli organizzativi, perché la violazione del segreto è stata fatta rientrare espressamente nella legge 231 sulla responsabilità giuridica delle società editoriali.

4. Infine, mentre gli editori non concordano sull’idea di attuare forme di protesta che giungano fino allo sciopero di carattere tradizionale, manifestano la loro disponibilità per ogni altra forma di azione per rappresentare al Governo la contrarietà del mondo dell’editoria e del giornalismo al disegno di legge nella sua attuale formulazione. Una ipotesi tecnica percorribile potrebbe essere quella di instaurare con il Ministro Alfano e gli altri interlocutori interessati un tavolo tecnico per studiare il provvedimento e le sue conseguenze sulla libertà di informazione.


 



  
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